La situazione negli ospedali pugliesi, e in particolare al Policlinico Riuniti di Foggia, è diventata un simbolo evidente di un sistema sanitario in gravissima difficoltà. I medici e gli infermieri, che dovrebbero essere considerati i pilastri della nostra società e trattati come veri e propri eroi, si ritrovano invece vittime di aggressioni e minacce da parte di cittadini esasperati. Un clima di violenza e sfiducia che colpisce non solo i professionisti della salute, ma anche i cittadini stessi, abbandonati da un sistema ormai allo stremo.
Il problema non riguarda solo le aggressioni fisiche e verbali al personale medico, ma è il riflesso di una crisi strutturale più ampia e profonda. Le ambulanze sono spesso bloccate, senza medici a bordo e incapaci di rispondere alle emergenze nel modo adeguato. I pronto soccorso, già saturi, faticano a gestire il flusso continuo di pazienti, costringendo la gente a lunghe attese o addirittura a essere trasferita da un ospedale all’altro senza trovare una soluzione immediata ai propri problemi di salute. Questo caos non è il risultato di eventi isolati, ma piuttosto la conseguenza di anni di tagli al sistema sanitario e di decisioni politiche che non hanno mai affrontato seriamente i veri problemi del settore.
La sanità pubblica pugliese sta attraversando una crisi senza precedenti. Il risultato? Ospedali al collasso, liste d’attesa interminabili, ambulanze che arrivano in ritardo o non possono operare con l’efficienza necessaria. Medici e infermieri sono ormai costretti a lavorare in condizioni disumane, con turni massacranti e risorse sempre più scarse. E nel frattempo, i cittadini subiscono le conseguenze di questo disastro: mancanza di assistenza, servizi sanitari inadeguati e l’impressione di essere stati completamente abbandonati dalle istituzioni.
La frustrazione della popolazione è palpabile. Ogni giorno vediamo episodi di rabbia esplodere nei confronti del personale sanitario, ma questa violenza, sebbene ingiustificabile, non può essere vista come un problema isolato. È la risposta di una comunità ormai esasperata da anni di disservizi, da promesse non mantenute e da una sanità che, invece di prendersi cura dei malati, sembra aggiungere sofferenza su sofferenza.
La rabbia che cresce tra i cittadini pugliesi è comprensibile. Quando ci si trova di fronte a un sistema che non funziona, che non garantisce cure adeguate e che sembra ignorare i bisogni della popolazione, è normale sentirsi frustrati. Tuttavia, la violenza non può e non deve essere mai la soluzione. Gli attacchi contro medici e infermieri, persone che ogni giorno mettono a rischio la propria salute per salvare vite umane, sono inaccettabili. Questi professionisti, già duramente provati dalla mancanza di risorse e dalla pressione costante, non possono essere trasformati nei bersagli di una rabbia che dovrebbe essere diretta verso chi ha la responsabilità di governare e gestire il sistema sanitario.
Ma è anche vero che non si può biasimare completamente chi vive questa disperazione sulla propria pelle. Le persone, soprattutto nelle zone più disagiate, sentono di essere lasciate sole, costrette a lottare ogni giorno per accedere a cure basilari che dovrebbero essere un diritto garantito a tutti. E in un contesto di degrado e abbandono, la pazienza arriva inevitabilmente al limite.
Le radici di questa crisi affondano in anni di scelte politiche sbagliate. La sanità pubblica è stata costantemente sottofinanziata, con tagli lineari che hanno penalizzato gravemente ospedali, personale sanitario e servizi territoriali. Gli investimenti necessari per modernizzare le strutture, per aumentare il numero di medici e infermieri, per garantire ambulanze ben equipaggiate e tempestive, non sono mai stati realizzati. Invece, si è preferito tagliare, risparmiare, senza mai pensare alle conseguenze a lungo termine.
Oggi, quelle decisioni pesano come un macigno sulla vita quotidiana delle persone. Chi ha bisogno di una visita urgente deve aspettare mesi. Chi arriva in pronto soccorso può trascorrere ore, se non giorni, in attesa di essere visitato. Chi chiama un’ambulanza deve sperare che ci sia un medico a bordo. Tutto questo è il risultato di una visione miope e insensibile che ha sacrificato la sanità pubblica sull’altare dell’austerità e del risparmio a tutti i costi.
La situazione è ormai insostenibile, e non si può più rimandare. È necessario un cambiamento drastico e immediato. La politica deve finalmente prendere atto della gravità della crisi sanitaria e agire con decisione. Serve un investimento serio e strutturato nel sistema sanitario regionale e nazionale. Più medici, più infermieri, più personale qualificato che possa rispondere efficacemente alle esigenze della popolazione. Ospedali moderni, efficienti, in grado di gestire l’emergenza e garantire cure tempestive e di qualità. E, soprattutto, ambulanze con personale specializzato, che possano intervenire rapidamente e in modo adeguato.
Non possiamo più aspettare. Ogni giorno che passa, la situazione peggiora, e con essa la fiducia dei cittadini nel sistema pubblico. La sanità è un diritto fondamentale, e non può essere trattata come una questione secondaria. Il futuro della nostra regione, e del nostro paese, dipende dalla capacità di garantire a tutti i cittadini il diritto alla salute, senza disuguaglianze, senza ritardi, senza disservizi.
Se non si agisce ora, rischiamo di vedere una sanità pubblica completamente al collasso, e con essa il tessuto sociale che dovrebbe sostenere. Non possiamo permetterci di ignorare questa emergenza.